Onorevoli Colleghi! - La forte diminuzione delle precipitazioni piovose e il cambiamento climatico che stanno interessando varie aree della Terra, compresa l'Italia, comportano il fenomeno sempre più frequente della scarsità delle risorse idriche e della conseguente siccità, ossia, per l'agricoltura, del minimo della capacità di offerta idrica con il massimo della domanda per l'irrigazione. Tale criticità, che va ad interessare soprattutto le regioni del Mezzogiorno, riguarda anche regioni come il Piemonte, la Lombardia e il Veneto, ove negli ultimi anni più volte è stato dichiarato lo stato di emergenza del bacino idrografico del Po, mettendo in pericolo i raccolti di riso, cereali, mais e altre colture.
      Si è cominciato così ad acquisire il concetto che l'utilizzazione irrigua ha una sua valenza e un suo «peso» economico, e ciò ha posto il settore agricolo, nel quale si registra il più alto livello di impiego idrico, a confrontarsi con i costi di gestione relativi all'irrigazione, che finiscono per incidere pesantemente sul prezzo di mercato del prodotto finale.
      È evidente, pertanto, che un'efficace gestione dell'utilizzo delle risorse idriche a fini irrigui, insieme ad una strategica programmazione degli interventi riguardanti opere infrastrutturali idriche di adduzione, distribuzione e depurazione, diventa una priorità, sottolineata a livello comunitario dalla direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che ha istituito un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque.
      Come si sottolinea all'articolo 1, lettera e), di tale direttiva, lo scopo è «di mitigare gli effetti delle inondazioni e della siccità contribuendo quindi a: garantire una fornitura sufficiente di acque superficiali e sotterranee di buona qualità per un utilizzo idrico sostenibile, equilibrato ed equo».

 

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      In relazione a questa priorità, a livello nazionale si è cercato di intervenire con il cosiddetto «Programma nazionale degli interventi nel settore idrico», nel cui ambito si inserisce il Piano irriguo nazionale.
      La legge finanziaria 2006, ossia la legge n. 266 del 2005, ha stanziato un importo di 500 milioni di euro, utilizzabili a decorrere dall'anno 2007, per il completamento degli interventi di cui alla legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria 2004); fondi che sono stati assegnati per lo più alle regioni settentrionali.
      Tale destinazione si è verificata per una totale carenza di progetti provenienti dall'area centro-meridionale. Occorre quindi affrontare questa problematica istituendo un supporto tecnico-operativo idoneo ad affrontare tale criticità, ossia un organismo che, limitatamente alle aree del Mezzogiorno, provveda all'elaborazione, all'aggiornamento e all'attuazione di un programma di interventi delle infrastrutture irrigue di rilevanza nazionale, alla formulazione di pareri alle amministrazioni dello Stato in materia di infrastrutture irrigue di competenza statale e, infine, a sopperire alla necessità di supporto anche operativo, e che abbia poteri sostitutivi in caso di inadempimento o anche di ritardo nell'attuazione degli interventi prescritti.
      Viene quindi istituita, con la presente proposta di legge, un'Agenzia con funzioni tecniche e gestionali di sostegno agli enti destinatari dei finanziamenti per elaborare, aggiornare e attuare, limitatamente alle aree depresse del Paese, un programma delle infrastrutture necessarie.
      All'articolo 1 si sottolinea la necessità di salvaguardare per le generazioni future la risorsa idrica, e a tale scopo si promuove il conseguimento del risparmio in vista dei periodi di criticità, obiettivo conseguibile solo grazie ad una programmazione degli interventi riguardanti opere infrastrutturali idriche.
      L'articolo 2 istituisce l'Agenzia per l'utilizzo delle risorse idriche, dotata di personalità giuridica di diritto pubblico, con sede legale in Roma, sottoposta ai poteri di indirizzo e di vigilanza del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali.
      L'articolo 3 prevede che l'Agenzia subentra nelle competenze attribuite per legge al commissario ad acta, figura introdotta con il decreto-legge n. 32 del 1995, convertito dalla legge n. 104 del 1995, per gestire tutte le competenze attribuite dapprima all'Agensud e successivamente, con la sua soppressione, transitate al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
      All'articolo 4 si prevede, ai fini dell'approvazione dei progetti per il loro successivo finanziamento, il parere di una apposita Conferenza tecnica, composta dal direttore dell'Agenzia, da un avvocato generale dello Stato e da tre membri esterni esperti negli ambiti di competenza dell'Agenzia.
      All'articolo 5 si prevede la redazione di un Programma nazionale degli interventi per le infrastrutture idriche, avente le seguenti finalità: monitoraggio dello stato attuale delle infrastrutture esistenti e di quelle programmate; analisi degli atti di pianificazione e programmatici delle regioni; individuazione, a livello nazionale, interregionale e regionale, degli interventi necessari per soddisfare le esigenze irrigue; predisposizione di un programma temporale di tali interventi.
      All'articolo 6 vengono indicati gli organi dell'Agenzia, specificando la loro durata, nonché la dotazione organica del personale.
      Gli articoli 7 e 8 recano norme riguardanti l'autonomia finanziaria e il regolamento contabile dell'Agenzia.
      L'articolo 9 reca una norma transitoria, in cui si prevede una proroga delle funzioni del citato commissario ad acta, che assume il ruolo di commissario straordinario dell'Agenzia, per evitare che il passaggio di competenze alla stessa provochi, nel periodo necessario per consentire l'insediamento dei suoi organi, un vuoto operativo e la mancanza di una struttura di riferimento per i soggetti gestori della risorsa idrica.
      L'articolo 10, infine, individua la data di entrata in vigore della legge.
 

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